http://www.youtube.com/watch?v=rNSDVTn1F0M
Perdonatemi, ma quella è via Fereggiano.
Dove il torrente entra in strada c'è una fermata dell'autobus, passano il 47 e l'82. Uno dei due prima o poi arriva e ti porta a Brignole o a De Ferrari. I ragazzini prendono il bus per un paio di fermate e sono a scuola, oppure vanno a piedi, la strada è breve, percorrono lo stretto marciapiede anche sotto la pioggia. La strada è una strada e il rio è il torrentello accanto, molto più in basso e sempre silenzioso, nessuno ci fa caso. Quasi nessuno sa che è proprio il torrente a dare il nome alla via.
A Genova in certe giornate d'autunno l'acqua non cade come altrove, capita che per ore e ore non ci sia altro che l'infinita pioggia, alla fine il suono ti entra nella testa, non ti lascia. A volte smette un attimo prima, altre troppo tardi. Ma questo lo sanno tutti, come sanno che è Genova, che sta lì cinta dalle mura da tremila anni, non un borgo venuto su nell'Ottocento. Ma anche delle mura ci si dimentica, figuriamoci dell'acqua e delle mattine di pioggia.
Così la realtà diventa cronaca che non sta a noi, va a finire che i secoli non sono sufficienti. Non lo sono le alluvioni ricorrenti, non lo è stato l'anno scorso, a Sestri e Pegli, il Chiaravagna che passa tra i palazzi, non il 1993 a Pra e Pegli, non il 1992 a Sturla e nel centro città e nella Val Bisagno, non il 1970, l'anno della massima catastrofe, tutti i quartieri, tutti i fiumi e torrenti, da Voltri a Nervi, in un solo giorno.
Perché non ci sono le regole, non c'è il diritto e la responsabilità, non c'è in fondo tempo che sia passato. Non ci sono gli scolmatori, non c'è la manutenzione dei letti dei fiumi.
La mattina dopo il sindaco assicura di non essere colpevole, che in questa storia è anzi l'unica innocente. Afferma che era previsto, ma non si poteva sapere. Ripete che la responsabilità è forse da ricercare tra gli impiegati dei suoi uffici, è degli allerta poco chiari, è forse dei presidi e degli insegnanti, che sono colpevoli gli altri, i nonni e i genitori che si sono mossi allarmati, così arriviamo giù, dove non c'è la Storia né il tempo, alle povere vite, giù fino ai passanti, alla signora dell'edicola, alla mamma con la figlioletta, alla sorella maggiore e a tutti quelli che si trovavano lì, sulla strada, sul fiume impazzito, nella tremenda follia delle auto trascinate.
Io spero di non dimenticare.